Seneca (4)
L’idealizzazione della figura del saggio era corrente nelle scuole filosofiche antiche. Del resto, sembra proprio che la filosofia fosse in genere considerata, piu’ che un’attivita’ del pensiero, un modo di vita. Tuttavia sembra che lo stoicismo fosse meno incline rispetto ad altre scuole filosofiche (sicuramente meno di quanto fosse l’Epicureismo!) a questa idealizzazione del maestro. A detta di Quintiliano, se si chiedeva agli stoici se Zenone, Cleante o Crisippo stesso erano dei saggi, rispondevano “che erano grandi uomini, in verita’, meritevoli di rispetto, ma che non avevano raggiunto la perfesione insita nella natura umana”. Insomma il saggio stoico e’, sin dall’inizio, un mito, un’idealizzazione, un’astrazione dell’umanita’ reale. In parte Seneca condivide questo punto di vista, almeno per quanto lo riguarda direttamente: non si erge a modello (del resto, come avrebbe potuto?) ma si propone ai suoi destinatari piuttosto come un compagno di viaggio. E non esita a mettere in discussione i suoi stessi maestri.
Eppure, per Seneca, il “saggio stoico” e’ concretamente esistito e questa sua realta’ storica garantisce che esso potra’ esistere anche in futuro. La figura di riferimento e’ quella di Catone l’Uticense, non un filosofo professionista, un uomo di scuola, ma un senatore romano. la ragione ce la dice lui stesso: la descrizione del saggio non e’ meno utile dei precetti morali, “Proponiamo esempi lodevoli, troveremo un imitatore”. E il modello sara’ tanto piu’ efficace quanto piu’ sara’ vicino. La figura di Socrate e’ troppo lontana, non meno esotica dei personaggi della palliata. Il “secolo d’oro” della Repubblica e’ ben altrimenti vivo. Sulla piazza che circonda il tempio di Marte vendicatore, sul Foro d’Augusto, si ergono le statue di tutti gli uomini che hanno dato a Roma non solo il suo impero, ma la sua anima. Gli imperatores, i legislatori, i grandi cittadini, che Virgilio ricorda nel VI libro dell’Eneide, continuano a vivere nella memoria. Al saggio stoico, Seneca ha aggiunto una nuova dimensione: quella della grandezza storica.
Catone incarna tutte le virtu’ stoiche: la chiaroveggenza (prudentia), elevandosi contro tutte le tirannie, respingendo entrambi i corni del dilemma – Cesare o Pompeo – nel quale si lasciano irretire gli altri senatori; il coraggio (fortitudo), conservando la calma in mezzo allo sconvolgimento generale; la giustizia (iustitia), quando reclama per Roma cio’ che le appartiene – la liberta’ – e rifiuta di lasciarla confiscare da uno solo, o da una fazione; il senso delle convenienze (decor) infine, che e’ una versione paneziana e ciceroniana della temperantia, quando esorta lo Stato a non cedere vergognosamente alle circostanze, ma a lottare, sia pure senza speranza, per la liberta’.
In Catone, Seneca non ammira solamente l’estrema tensione drammatica che fa di lui il simbolo dell’anima romana, ma la pratica quotidiana delle virtu’ fondamentali dello stoico: il dominio di se’, l’assenza di collera, la resistenza alla sete e alla fatica, l’affabilita’ verso gli altri, il desiderio di servire il prossimo, infine l’umanita’, in cui si univano l’attivita’ e il riposo. […] E’ evidente che Seneca, mettendo in pratica i propri precetti (“Scegli un uomo di cui approvi la vita, le parole, e il volto stesso, specchio dell’anima…”), collega la sua meditazione alla persona di Catone. Si sforza, con successo, di ritrovare in lui i grandi ritmi del pensiero del saggio, imitazione di Dio, che conduce al Bene supremo. La serenita’ dimostrata da Catone davanti agli sconvolgimenti dello stato romano, e quando gli fu rifiutata la pretura, sono testimoni della sua profonda sottomissione all’ordine del mondo; catone accetta la legge universale del cambiamento, anche se si volge contro di lui. La fine della repubblica e’ solo un caso particolare di questo divenire delle cose; lo Sato romano, come una citta’ qualsiasi, e’ un essere che nasce, vive e muore – un esempio, non particolarmente privilegiato, di quegli innumerevoli esseri che compongono il mondo. (Pierre Grimal, op. cit., con tagli e integrazioni).
Percorsi senecani (confronti con Leopardi, Heidegger, Husserl, il pensiero orientale)